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QUARESIMA 2023 - CATECHESI ADULTI
Riflessioni sulla
Lettera Pastorale
2022 – 2023
del Vescovo Francesco
INSIEME PER SERVIRE LA VITA
MERCOLEDI 01 MARZO
Io non posso sostenere da solo il peso di tutti voi.
Dt. 1,9-18
MERCOLEDI 08 MARZO
Date loro voi stessi da mangiare
Mc. 6,30-44
MERCOLEDI 15 MARZO
Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete
Ez. 37,1-14
MERCOLEDI 22 MARZO
Qualsiasi cosa vi dica, fatela.
Gv. 2,1-11
MERCOLEDI 29 MARZO
E vidi la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo.
Ap. 21,1-7
ORE 15,00
presso il SANTUARIO
DELLA MADONNA DEL PIANTO IN ALBINO
don Giuseppe Ravasio
“INSIEME… PER SERVIRE LA VITA ”
“FARO’ ENTRARE IN VOI IL MIO SPIRITO E RIVIVRETE”
3. Catechesi di Quaresima 2023
PREGHIAMO INSIEME
Invocazione allo Spirito
Siamo qui dinanzi a te, Spirito Santo: sentiamo il peso delle nostre debolezze, ma siamo tutti riuniti nel tuo nome; vieni a noi, assistici, scendi nei nostri cuori: insegnaci tu ciò che dobbiamo fare, mostraci tu il cammino da seguire, compi tu stesso quanto da noi richiedi.
Sii tu solo a suggerire e guidare le nostre decisioni, perché tu solo, con Dio Padre e con il Figlio suo, hai un nome santo e glorioso.
Non permettere che sia lesa da noi la giustizia, tu che ami l’ordine e la pace; non ci faccia sviare l’ignoranza, non ci renda parziali l’umana simpatia, non ci influenzino cariche o persone. Tienici stretti a te col dono della tua grazia, perché siamo una sola cosa in te e in nulla ci discostiamo
dalla verità. Fa’ che riuniti nel tuo santo nome, sappiamo contemperare bontà e fermezza insieme così da far tutto in armonia con te, nell’attesa che, per il fedele compimento del dovere, ci siano dati in futuro i premi eterni. Amen.
Preghiamo:
O Dio nostro Padre, che in Cristo, tua Parola vivente, ci hai dato il modello dell’uomo nuovo, fa’ che lo Spirito Santo ci renda non solo uditori, ma realizzatori del Vangelo, perché tutto il mondo ti conosca e glorifichi il tuo nome.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
LA PAROLA DI DIO
Dal Libro del profeta Ezechiele (Ez. 37,1-14)
1 La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; 2 mi fece passare tutt'intorno accanto ad esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite. 3 Mi disse: «Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». 4 Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annunzia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore. 5 Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. 6 Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete: Saprete che io sono il Signore». 7 Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre io profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l'uno all'altro, ciascuno al suo corrispondente.
8 Guardai ed ecco sopra di esse i nervi, la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c'era spirito in loro. 9 Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell'uomo e annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano». 10 Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.
11 Mi disse: «Figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la gente d'Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti.
12 Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d'Israele. 13 Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. 14 Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.
COMPRENDERE LA PAROLA
Una parola dura
Spesso facciamo fatica a capire le parole dei profeti di Israele. Quelle parole richiedono un ascolto attento, una meditazione prolungata perché possano diventare alimento vitale.
Anche Ezechiele ci offre un nutrimento impegnativo ed esigente. Il profeta stesso, nel racconto della sua vocazione, parla di un rotolo con le parole del Signore, di cui sperimenta la dolcezza (“dolce come il miele” – 3,3) e l’amarezza (“conteneva lamenti, pianti e guai” – 2,9).
Di questa parola è necessario capire il contesto:
– contesto storico e culturale: nel quale ha operato il profeta
– contesto letterario: che fa del libro un’opera unitaria al di là dell’epoca di composizione
Il contesto storico e letterario
Ezechiele, il cui nome potrebbe significare “Dio rafforzi”, vive e opera in un’epoca tragica per Israele: è il tempo dell’esilio babilonese. Il ministero profetico di Ezechiele si colloca proprio nel mezzo dell’esilio (tra il 593 e il 571 a.C.). L’esilio si concluderà anni dopo (538) con Ciro, re dei Persiani, che hanno sconfitto i babilonesi. I babilonesi erano entrati a Gerusalemme in due volte successive (597 e 587) distruggendo il tempio. Tutto sembrava finito. Ezechiele è tra i deportati (1, 1-3). Parla e agisce per gli esiliati, ma il suo sguardo è anche rivolto alla sua terra lontana, a coloro che vi sono rimasti. Ciò che avviene a Gerusalemme è determinante per Ezechiele.
Prima della caduta di Gerusalemme (587) la sua predicazione è molto dura, è una parola di giudizio e di condanna, volta a far prendere coscienza delle cause che hanno portato all’esilio.
Dopo la caduta di Gerusalemme il ministero profetico di Ezechiele privilegia l’annunzio della salvezza e intende infondere speranza e fiducia nel popolo.
La gloria del Signore
La gloria del Signore o manifestazione misteriosa della presenza di Dio sembra dominare lo sviluppo di tutto il testo. Essa appare fin dalla prima pagina come visione donata al profeta (1, 28); poi quando questa gloria abbandona il tempio di Gerusalemme, contaminato dall’idolatria e prossimo alla distruzione; infine quando la gloria fa ritorno nel nuovo tempio. La gloria del Signore è il segno della presenza di Dio che percorre tutte le tappe della vita di Israele e si rende presente in ogni vicenda della storia.
Ezechiele uomo mistico
Il profeta è un uomo, solidale profondamente con il suo popolo: è chiamato da Dio “figlio dell’uomo”, circa 100 volte. D’altra parte la sua vita è afferrata dalla mano di Dio ed è condotta dal soffio dello Spirito: il termine “ruah” ricorre 52 volte. Ezechiele è un uomo guidato da Dio.
Introduzione
Il protagonista principale del testo è lo Spirito: la “ruah” che soffia nei cadaveri senza vita. E’ un soffio vivificante: “Dominum et vivificantem”. Alla visione di questo brano seguirà un’azione simbolica (37, 15-28) che annunzia l’unità del popolo rinnovato. Si parla di “racconti di azione simbolica”: a una parola (la promessa dello Spirito che fa rivivere gli Israeliti) segue un’azione simbolica (due bastoni che nelle mani di Ezechiele divengono un solo bastone) per indicare che da due regni se ne formerà uno solo (Giuda e Israele dopo Salomone).
Analisi del testo
Visione di morte (1-2)
Ezechiele ha una visione: è condotto da Dio “La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa”. Dio entra nella vita del profeta e lo trasporta a contemplare orizzonti nuovi, mai visti. “Grande quantità” e “inaridite”: la situazione di morte è diffusa e profonda. E’ su questa situazione che si sviluppa l’intervento di Dio.
Ciò che Dio sta per fare (3-6)
Nel silenzio di morte di quella immensa pianura si avvia il dialogo tra Dio ed Ezechiele. Dio chiede al profeta se quelle ossa potranno rivivere. Ezechiele non si sbilancia (tutto è possibile a Dio). Dio affida al profeta un primo mandato di profetizzare i cui destinatari sono le ossa inaridite: devono ascoltare la parola del Signore, viene annunciata l’opera di Dio che ridarà loro vita, viene presentata un’azione in due tempi: la ricomposizione dei cadaveri e l’infusione vivificante dello Spirito.
Realizzazione dell’opera di Dio (7-10)
All’annuncio segue la realizzazione, secondo i due tempi indicati. Tutto è opera di Dio (i verbi di azione sottolineano questo). Importanza però della mediazione profetica e lo “spirito dai quattro venti”: la pienezza dello Spirito che abbraccia tutta la terra.
Spiegazione della visione (11-14)
Il Signore rivela a Ezechiele il significato della visione. Le ossa aride sono la casa di Israele: non i morti ma coloro che vivono in esilio senza speranza: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti” (11). Il profeta deve annunciare a Israele: i cadaveri con il popolo di Dio, la loro salita dalle tombe è il simbolo del ritorno alla propria terra. I sepolcri sono l’esilio, visto come una grande tomba e un luogo di morte. Il riconoscimento del Signore si attua in questa uscita-ritorno.
RIFLETTERE SULLA PAROLA
Nel Libro di Ezechiele, "viene descritta una visione un po’ particolare, impressionante, ma capace di infondere fiducia e speranza nei nostri cuori. Dio mostra al profeta una distesa di ossa, distaccate l’una dall’altra e inaridite. Uno scenario desolante…
Dio gli chiede, allora, di invocare su di loro lo Spirito. A quel punto, le ossa cominciano ad avvicinarsi e ad unirsi, su di loro crescono prima i nervi e poi la carne e si forma così un corpo, completo e pieno di vita". Ecco, questa è la Chiesa!
È "un capolavoro, il capolavoro dello Spirito, il quale infonde in ciascuno la vita nuova del Risorto e ci pone l’uno accanto all’altro, l’uno a servizio e a sostegno dell’altro, facendo così di tutti noi un corpo solo, edificato nella comunione e nell’amore".
La Chiesa si riconosce corpo di Cristo!
Il Battesimo costituisce una vera rinascita, che ci rigenera in Cristo, ci rende parte di lui, e ci unisce intimamente tra di noi, come membra dello stesso corpo, di cui lui è il capo. Spesso riscontriamo anche noi, l’esperienza delle divisioni, delle invidie, delle incomprensioni e dell’emarginazione. Tutte queste cose non vanno bene, perché, invece che edificare e far crescere la Chiesa come corpo di Cristo, la frantumano in tante parti, la smembrano. E questo succede anche ai nostri giorni.
Pensiamo nelle comunità cristiane, in alcune parrocchie, pensiamo nei nostri quartieri quante divisioni, quante invidie, come si sparla, quanta incomprensione ed emarginazione. E questo cosa comporta? Ci smembra fra di noi. E’ l’inizio della guerra. La guerra non incomincia nel campo di battaglia: la guerra, le guerre incominciano nel cuore, con incomprensioni, divisioni, invidie, con questa lotta con gli altri.
Cosa devo fare allora?
Apprezzare nelle nostre comunità i doni e le qualità degli altri, dei nostri fratelli.
E quando mi viene la gelosia - perché viene a tutti, tutti siamo peccatori -, devo dire al Signore: “Grazie, Signore, perché hai dato quel dono a quella persona”.
Apprezzare le qualità, farsi vicini e partecipare alla sofferenza degli ultimi e dei più bisognosi; esprimere la propria gratitudine a tutti. Il cuore che sa dire grazie è un cuore buono, è un cuore nobile, è un cuore che è contento. Ma tutti noi sappiamo dire grazie, sempre? Non sempre perché l’invidia, la gelosia ci frena un po’. Lo Spirito Santo viene a spalancare le porte delle nostre parrocchie, perché tutti noi impariamo sempre di più ad andare verso il prossimo, verso tutti, non solo verso chi la pensa come noi ed è dei nostri. A volte una parola di consolazione, un semplice ascolto vale più di tante liturgie. Sono sicuro che intorno a noi c’è un mondo che non aspetta altro che trovare “un gancio in mezzo al cielo” per rialzarsi. E se fossi tu questo gancio che il Signore cala dal cielo per quel fratello? Tu, te la senti di coricarti in pace con il pensiero che non hai teso la mano a quel fratello concreto? Lasciamo che lo Spirito santo entri nelle nostre chiese a portare una ventata di novità, a rovinare la riga dei capelli dritta come un’autostrada di certi prelati presuntuosi, a mettere sottosopra certi paramenti preziosi, manifestazione indecente di ricchezza della chiesa, alla faccia dei tanto declamati poveri, lasciamo che alzi un po' le sottane a certe pie donne che tengono troppo le mani giunte e gli occhi puntati sul prossimo per poterlo cogliere in errore e condannarlo con la loro lingua biforcuta.
Lasciamolo scombinare certe organizzazioni parrocchiali, vicariali o diocesane studiate solo a tavolino e sulla pelle degli altri. Preghiamolo, invochiamolo, supplichiamolo. Ma poi, per carità, abbiamo il coraggio, almeno una volta di lasciarci abitare e possedere da Lui. Lasciamo che lo Spirito santo entri nelle nostre chiese a portare una ventata di novità, a rovinare la riga dei capelli dritta come un’autostrada di certi prelati presuntuosi, a mettere sottosopra certi paramenti preziosi, manifestazione indecente di ricchezza della chiesa, alla faccia dei tanto declamati poveri, lasciamo che alzi un po' le sottane a certe pie donne che tengono troppo le mani giunte e gli occhi puntati sul prossimo per poterlo cogliere in errore e condannarlo con la loro lingua biforcuta. Lasciamolo scombinare certe organizzazioni parrocchiali, vicariali o diocesane studiate solo a tavolino e sulla pelle degli altri. Preghiamolo, invochiamolo, supplichiamolo. Ma poi, per carità, abbiamo il coraggio, almeno una volta di lasciarci abitare e possedere da Lui. Io mi chiedo più semplicemente se non stiamo spegnendo lo Spirito Santo in noi, nella chiesa, nelle nostre comunità. Vorrei che riflettessimo un po’ sullo spazio che diamo a Dio nella nostra vita, noi prima di tutto.
Mi chiedo se la nostra comunità è profetica, se noi siamo profeti, cioè se siamo persone che ascoltano la Parola di Dio e la incarnano nella loro vita. Mi chiedo se non siamo noi stessi per primi a spegnere il fuoco dello Spirito, alimentando il germe della lamentela e dello sconforto.
Il vangelo ci dice che Gesù ci manda il suo Spirito Paraclito: noi abbiamo questo grande dono e a nostra volta lo dobbiamo ridonare. A me pare talvolta invece di vedere solo tanto pessimismo.
Ci fermiamo alla nostra debolezza, al nostro peccato, alle nostre incapacità, ai nostri limiti, e non abbiamo il coraggio di far vivere lo Spirito, di farlo respirare nella nostra vita. Non abbiamo il coraggio di desiderare i desideri di Dio. E forse ci lamentiamo anche perché siamo troppo freddi e vorremmo amare di più il Signore. Ricominciamo a desiderare i desideri di Dio!
E il suo primo desiderio è certamente che diveniamo suoi Figli, che ricominciamo ad amare. Ogni giorno. L’amore non basta mai; non esiste un momento in cui possiamo dire: ho già dato, più di questo nessuno mi deve chiedere. perché così imprigioniamo lo Spirito, quello Spirito invece che vuole sgorgare dal nostro cuore per diffondersi ovunque. Bisogna avere il coraggio di ricominciare, sempre anche davanti ai nostri peccati, alle mancanze degli altri… Dobbiamo ricominciare a far girare la solidarietà, a costruire rapporti basati sulla fiducia e non sul sospetto, rapporti basati sulla sincerità e non sulla menzogna, rapporti basati sulla lealtà e non sull’opportunismo. Lo Spirito del Padre e del Figlio opera questo in noi, se noi lo invochiamo.
È lo Spirito che il Signore crocifisso e risorto ha inviato e continua a inviare alla sua Chiesa per sostenerla e donarle la forza di camminare, per condurla all’unità di tutto il genere umano.
Chi è allora lo Spirito? Lo Spirito è colui che giorno dopo giorno costruisce in noi e con noi la nostra dignità di figli. Non spegniamolo con la scusa che il mondo va al contrario (ammesso che noi sappiamo la parte giusta in cui deve andare). Lo Spirito ci chiede una profonda conversione.
E allora quando cominceremo anche noi ad essere persone spirituali, a far sgorgare lo Spirito dal nostro cuore, il mondo sarà veramente trasformato. Fino ad allora continueremo ancora ad agire e a pregare perché il Padre ci invii lo Spirito del Signore Risorto sempre, ogni giorno.
Come il profeta Ezechiele, invochiamo anche noi lo Spirito Santo, perché la sua grazia e l’abbondanza dei suoi doni ci aiutino a vivere davvero uniti come famiglia, ma una famiglia che è il corpo di Cristo, e come segno visibile e bello dell’amore di Cristo.
PER CONTINUARE A RIFLETTERE
Per attualizzare con Papa Francesco
E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù. La speranza non è un ottimismo, non è quella capacità di guardare le cose con un buon animo e andare avanti. No quello è ottimismo, non è speranza. Né la speranza è un atteggiamento positivo davanti alle cose … La speranza è un rischio, è una virtù rischiosa, è una virtù. Non è, un’illusione. I primi cristiani la dipingevano come un’ancora: la speranza era un’ancora, un’ancora fissa nella riva dell’Aldilà.
INTERROGATIVI
La lettura del brano biblico cosa dice alla tua vita e alla tua comunità?
Nella tua comunità c’è spazio per la depressione pastorale o si sa vedere l’azione dello Spirito?
Concludendo in preghiera
Rit: Riempici di speranza, Signore.
"Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti";
il nostro giudizio della realtà non sia sempre negatività e morte. Rit.
"Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete";
insegnaci ad affidarci al tuo spirito che dà vita nei momenti di crisi e difficoltà. Rit.
"Lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita";
rendici attenti all'azione dello Spirito che sempre porta frutto nelle nostre comunità. Rit
"Perciò profetizza e annuncia loro"; rendici testimoni delle tue meraviglie nelle nostre comunità. Rit.
PADRE NOSTRO