AVVENTO 2024

PREPARAZIONE DEL SANTO NATALE

NEL SANTUARIO

MADONNA DEL PIANTO

Servire la vita,

servire la Speranza

 

 

MERCOLEDI

 

27   NOVEMBRE

Il Giubileo del 2025

 

 

ORE 15

 

 

MERCOLEDI

 

4     DICEMBRE

Gesù cerca casa

e Gesù offre casa

1a parte

 

 

ORE 15

 

MERCOLEDI

 

 

11   DICEMBRE

Gesù cerca casa

e Gesù offre casa

2a parte

 

 

ORE 15

 

MERCOLEDI

 

18   DICEMBRE

Il Natale di Gesù

 

 

ORE 15

Riflessioni offerte

da don Giuseppe Ravasio


 

 

 

 
 
 
 

 

PELLEGRINI DI SPERANZA

SERVIRE LA VITA, SERVIRE LA SPERANZA

1- Catechesi di Avvento 2024

 

PREGHIAMO INSIEME

Padre che sei nei cieli, la fede che ci hai donato nel tuo figlio Gesù Cristo, nostro fratello,

e la fiamma di carità effusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo, ridestino in noi, la beata speranza per l’avvento del tuo Regno.

La tua grazia ci trasformi in coltivatori operosi dei semi evangelici che lievitino l’umanità e il cosmo, nell’attesa fiduciosa dei cieli nuovi e della terra nuova, quando vinte le potenze del Male, si manifesterà per sempre la tua gloria.

La grazia del Giubileo ravvivi in noi Pellegrini di Speranza, l’anelito verso i beni celesti e riversi sul mondo intero la gioia e la pace del nostro Redentore. A te Dio benedetto in eterno sia lode e gloria nei secoli.Amen

 

LA PAROLA DI DIO

«La speranza non delude»   (Rm 5,5)

 

«Spes non confundit», «la speranza non delude» (Rm 5,5) è il messaggio centrale del Giubileo 2025, la cui Bolla di Indizione è stata pubblicata il 9 maggio 2024. «Oltre ad attingere la speranza nella grazia di Dio, siamo chiamati a riscoprirla anche nei segni dei tempi che il Signore ci offre», scrive papa Francesco nel testo della Bolla. «Ma i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza» (n. 7).

Uno di questi segni è la pace, esigenza che interpella tutti ed esige progetti concreti per realizzarla.

«Il prossimo Giubileo, dunque, sarà un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio.  Ci aiuti pure a ritrovare la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato» (Bula, n. 25).

 

IL GIUBILEO DEL 2025

Che cos'è il Giubileo

"Giubileo" è il nome di un anno particolare: sembra derivare dallo strumento utilizzato per indicarne l’inizio; si tratta dello yobel, il corno di montone, il cui suono annuncia il Giorno dell’Espiazione (Yom Kippur). Questa festa ricorre ogni anno, ma assume un significato particolare quando coincide con l’inizio dell’anno giubilare. Ne ritroviamo una prima idea nella Bibbia: doveva essere convocato ogni 50 anni, poiché era l’anno ‘in più’, da vivere ogni sette settimane di anni (cfr. Lev 25,8-13).

Anche se difficile da realizzare, era proposto come l’occasione nella quale ristabilire il corretto rapporto nei confronti di Dio, tra le persone e con la creazione, e comportava la remissione dei debiti, la restituzione dei terreni alienati e il riposo della terra.

Citando il profeta Isaia, il vangelo secondo Luca descrive in questo modo anche la missione di Gesù: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19; cfr. Is 61,1-2).

Queste parole di Gesù sono diventate anche azioni di liberazione e di conversione nella quotidianità dei suoi incontri e delle sue relazioni.

Bonifacio VIII nel 1300 ha indetto il primo Giubileo, chiamato anche “Anno Santo”, perché è un tempo nel quale si sperimenta che la santità di Dio ci trasforma.

La cadenza è cambiata nel tempo: all’inizio era ogni 100 anni; viene ridotta a 50 anni nel 1343 da Clemente VI e a 25 nel 1470 da Paolo II.

Vi sono anche momenti ‘straordinari’: per esempio, nel 1933 Pio XI ha voluto ricordare l’anniversario della Redenzione e nel 2015 papa Francesco ha indetto l’Anno della Misericordia.

Diverso è stato anche il modo di celebrare tale anno: all’origine coincideva con la visita alle Basiliche romane di S. Pietro e di S. Paolo, quindi con il pellegrinaggio, successivamente si sono aggiunti altri segni, come quello della Porta Santa. Partecipando all’Anno Santo si vive l’indulgenza plena.

 

Segni del Giubileo

 

Pellegrinaggio

Il giubileo chiede di mettersi in cammino e di superare alcuni confini. Quando ci muoviamo, infatti, non cambiamo solamente un luogo, ma trasformiamo noi stessi. Per questo, è importante prepararsi, pianificare il tragitto e conoscere la meta. In questo senso il pellegrinaggio che caratterizza questo anno inizia prima del viaggio stesso: il suo punto di partenza è la decisione di farlo. L’etimologia della parola ‘pellegrinaggio’ è decisamente eloquente e ha subìto pochi slittamenti di significato. La parola, infatti, deriva dal latino per ager che significa “attraverso i campi”, oppure per eger, che significa “passaggio di frontiera”: entrambe le radici rammentano l’aspetto distintivo dell’intraprendere un viaggio.

 

Abramo, nella Bibbia5r, è descritto così, come una persona in cammino: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre” (Gen 12,1), con queste parole incomincia la sua avventura, che termina nella Terra Promessa, dove viene ricordato come «arameo errante» (Dt 26,5).

Anche il ministero di Gesù si identifica con un viaggio a partire dalla Galilea verso la Città Santa: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (Lc 9,51). Lui stesso chiama i discepoli a percorrere questa strada e ancora oggi i cristiani sono coloro che lo seguono e si mettono alla sua sequela.

Il percorso, in realtà, si costruisce progressivamente: vi sono vari itinerari da scegliere, luoghi da scoprire; le situazioni, le catechesi, i riti e le liturgie, i compagni di viaggio permettono di arricchirsi di contenuti e prospettive nuovi.

Anche la contemplazione del creato fa parte di tutto questo ed è un aiuto ad imparare che averne cura “è espressione essenziale della fede in Dio e dell’obbedienza alla sua volontà”

(Francesco, Lettera per il Giubileo 2025).

Il pellegrinaggio è un’esperienza di conversione, di cambiamento della propria esistenza per orientarla verso la santità di Dio. Con essa, si fa propria anche l’esperienza di quella parte di umanità che, per vari motivi, è costretta a mettersi in viaggio per cercare un mondo migliore per sé e per la propria famiglia.

 

Porta Santa

Dal punto di vista simbolico, la Porta Santa assume un significato particolare: è il segno più caratteristico, perché la meta è poterla varcare.  La sua apertura da parte del Papa costituisce l’inizio ufficiale dell’Anno Santo.

Originariamente, vi era un’unica porta, presso la Basilica di S. Giovanni in Laterano, che è la cattedrale del vescovo di Roma. Per permettere ai numerosi pellegrini di compiere il gesto, anche le altre Basiliche romane hanno offerto questa possibilità. Nel passare questa soglia, il pellegrino si ricorda del testo del capitolo 10 del vangelo secondo Giovanni: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”.  Il gesto esprime la decisione di seguire e di lasciarsi guidare da Gesù, che è il Buon Pastore.  Del resto, la porta è anche passaggio che introduce all’interno di una chiesa.  Per la comunità cristiana, non è solo lo spazio del sacro, al quale accostarsi con rispetto, con comportamenti e con vestiti adeguati, ma è segno della comunione che lega ogni credente a Cristo: è il luogo dell’incontro e del dialogo, della riconciliazione e della pace che attende la visita di ogni pellegrino, lo spazio della Chiesa come comunità dei fedeli.

A Roma questa esperienza diventa carica di uno speciale significato, per il rimando alla memoria di S. Pietro e di S. Paolo, apostoli che hanno fondato e formato la comunità cristiana di Roma e che con i loro insegnamenti e il loro esempio sono riferimento per la Chiesa universale.

Il loro sepolcro si trova qui, dove sono stati martirizzati; insieme alle catacombe, è luogo di continua ispirazione.

 

Professione di fede

La professione di fede, chiamata anche “simbolo”, è un segno di riconoscimento proprio dei battezzati; vi si esprime il contenuto centrale della fede e si raccolgono sinteticamente le principali verità che un credente accetta e testimonia nel giorno del proprio battesimo e condivide con tutta la comunità cristiana per il resto della sua vita.

Esistono varie professioni di fede, che mostrano la ricchezza dell’esperienza dell’incontro con Gesù Cristo. Tradizionalmente, però, quelle che hanno acquisito un particolare riconoscimento sono due:

il credo battesimale della chiesa di Roma

e il credo niceno-costantinopolitano,

elaborato originariamente nel 325 dal concilio di Nicea, nell’attuale Turchia, e poi perfezionato in quello di Costantinopoli nel 381

“Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.

Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” (Rm 10,9-10). Questo testo di S. Paolo sottolinea come la proclamazione del mistero della fede richieda una conversione profonda non solo nelle proprie parole, ma anche e soprattutto nella propria visione di Dio, di se stessi e del mondo.

«Recitare con fede il Credo significa entrare in comunione con Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ed anche con tutta la Chiesa che ci trasmette la fede e nel seno della quale noi crediamo» (CCC 197).

Carità

La carità costituisce una caratteristica principale della vita cristiana.

Nessuno può pensare che il pellegrinaggio e la celebrazione dell'indulgenza giubilare possano essere relegati a una forma di rito magico, senza sapere che è la vita di carità che dà loro il senso ultimo e l'efficacia reale.

D’altronde, la carità è il segno preminente della fede cristiana e sua forma specifica di credibilità. Nel contesto del Giubileo non sarà da dimenticare l'invito dell’apostolo Pietro: “Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati” (1Pt 4,8).

Secondo l'evangelista Giovanni, l'amore verso il prossimo, che non viene dall’uomo, ma da Dio, permetterà di riconoscere nel futuro i veri discepoli di Cristo. Risulta, quindi, evidente che nessun credente può affermare di credere se poi non ama e, viceversa, non può dire di amare se non crede.

Anche l'apostolo Paolo ribadisce che la fede e l'amore costituiscono identità del cristiano; l'amore è ciò che genera perfezione (cfr. Col 3,14), la fede ciò che permette all'amore di essere tale.

La carità, dunque, ha un suo spazio peculiare nella vita di fede; alla luce dell’Anno Santo, inoltre, la testimonianza cristiana deve essere ribadita come forma maggiormente espressiva di conversione.

 

Riconciliazione

Il giubileo è un segno di riconciliazione, perché apre un «tempo favorevole» (cfr. 2Cor 6,2) per la propria conversione.

Si mette Dio al centro della propria esistenza, muovendosi verso di Lui e riconoscendone il primato.

Anche il richiamo al ripristino della giustizia sociale e al rispetto per la terra, nella Bibbia, nasce da una esigenza teologica: se Dio è il creatore dell’universo, gli si deve riconoscere priorità rispetto ad ogni realtà e rispetto agli interessi di parte. È Lui che rende santo questo anno, donando la propria santità.

Come ricordava papa Francesco nella bolla di indizione dell’anno santo straordinario del 2015: “La misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità per ravvedersi, convertirsi e credere […].

Questa giustizia di Dio è la misericordia concessa a tutti come grazia in forza della morte e risurrezione di Gesù Cristo.

La Croce di Cristo, dunque, è il giudizio di Dio su tutti noi e sul mondo, perché ci offre la certezza dell’amore e della vita nuova” (Misericordiae Vultus, 21).

Concretamente, si tratta di vivere il sacramento della riconciliazione, di approfittare di questo tempo per riscoprire il valore della confessione e ricevere personalmente la parola del perdono di Dio.

Vi sono alcune chiese giubilari che offrono con continuità questa possibilità.

Puoi prepararti seguendo una traccia.

 

Indulgenza Giubilare

L’indulgenza è manifestazione concreta della misericordia di Dio, che supera i confini della giustizia umana e li trasforma.

Questo tesoro di grazia si è fatto storia in Gesù e nei santi: guardando a questi esempi, e vivendo in comunione con loro, si rafforza e diviene certezza la speranza del perdono e per il proprio cammino di santità.

L’indulgenza permette di liberare il proprio cuore dal peso peccato, perché la riparazione dovuta sia data in piena libertà.

Concretamente, questa esperienza di misericordia passa attraverso alcune azioni spirituali che vengono indicate dal Papa.

Chi, per malattia o altro, non può farsi pellegrino è comunque invitato a prendere parte al movimento spirituale che accompagna quest’Anno, offrendo la propria sofferenza e la propria vita quotidiana e partecipando alla celebrazione eucaristica.

 

Preghiera

Vi sono molti modi e molte ragioni per pregare; alla base vi è sempre il desiderio di aprirsi alla presenza di Dio e alla sua offerta di amore.

La comunità cristiana si sente chiamata e sa che può rivolgersi al Padre solo perché ha ricevuto lo Spirito del Figlio. Ed è, infatti, Gesù ad aver affidato ai suoi discepoli la preghiera del Padre Nostro, commentato anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr. CCC 2759-2865).

La tradizione cristiana offre altri testi, come l’Ave Maria, che aiutano a trovare le parole per rivolgersi a Dio: «È attraverso una trasmissione vivente, la Tradizione, che, nella Chiesa, lo Spirito Santo insegna ai figli di Dio a pregare» (CCC 2661).

I momenti di orazione compiuti durante il viaggio mostrano che il pellegrino ha le vie di Dio “nel suo cuore” (Sal 83,6).

Anche a questo tipo di ristoro servono le soste e le varie tappe, spesso fissate attorno ad edicole, santuari, o altri luoghi particolarmente ricchi dal punto di vista del significato spirituale, dove ci si accorge che – prima e accanto – altri pellegrini sono passati e che cammini di santità hanno percorso quelle stesse strade.  Le vie che portano a Roma, infatti, spesso coincidono con il cammino di molti santi.

 

Pellegrini di speranza

DALLA LETTERA DEL NOSTRO VESCOVO

 

L’anno pastorale che stiamo iniziando sarà fortemente connotato dal Giubileo indetto dal Papa per il 2025.  Sarà un’occasione di Grazia, in cui sperimentare intensamente la gioia del tornare a Dio, dell’appartenere alla Chiesa, dello sperare insieme a tutta l’umanità un mondo nuovo, più giusto e più fraterno.  Una speranza che oltrepassa i confini della storia, una speranza più forte della morte.

Le guerre che la cronaca quotidiana mette davanti agli occhi, l’inverno demografico e il degrado ambientale che caratterizzano la nostra civiltà, il disorientamento generato da un mondo che cambia rapidamente, le fatiche del vivere che ciascuno di noi sperimenta, possono farci cadere in letture depressive dell’esistenza, della storia, della stessa missione della Chiesa, che paralizzano la speranza e svuotano di senso ogni cammino.

 

Il Giubileo ci invita a farci “pellegrini di speranza”, per rianimare nel nostro cuore e in quello degli altri, a partire da un rinnovato incontro con il Signore, la fiducia squisitamente pasquale di una vita nuova per tutti. Non si tratta di ingenuo ottimismo o di eroico volontarismo: coltiviamo e chiediamo la virtù teologale della speranza che è dono di Dio e frutto della nostra fede in Lui.

Consapevoli di essere una Chiesa sempre più fragile, ci mettiamo con umiltà a servizio di un mondo ancora più fragile; coscienti del nostro peccato annunciamo a tutti il Vangelo della misericordia; immersi in una complessità sempre più articolata e connessa, diffidiamo da soluzioni frettolose, semplificatorie, o addirittura aggressive e riproponiamo con limpidezza evangelica la conversione del cuore, che sola rende possibile un mondo realmente diverso;  travolti dal mondo globalizzato e accelerato, osiamo riproporre la virtù della pazienza, che si fa tessitura lenta, silenziosa e quotidiana di rapporti nuovi e generativi, sostenuti e guidati dallo Spirito Creatore, in attesa di un compimento che non può essere solo frutto delle nostre mani, ma esito di una promessa a cui vogliamo dar credito.

Tutto questo sia il nostro Giubileo!

L’anno giubilare proposto nella Legge di Mosè, doveva ristabilire l’ordine e la giustizia sociale, nel rispetto del creato, attraverso la liberazione degli schiavi, il condono dei debiti, il ritorno al disegno originario di Dio per il suo popolo. In realtà, questo non si realizzò mai. L’attesa del Messia, alimentata dalla parola dei profeti e connotata dalla speranza, non esonerava dalla conversione del cuore, ma manifestava la fondamentale confidenza in Dio, a cui Gesù di Nazareth darà risposta.

 

Concludendo in preghiera

 

Santo Spirito del Padre, vento inafferrabile,

nella tua azione irresistibile travolgi tutti gli ostacoli che ancora precludono i passi al nostro cammino verso l’unità visibile di un mondo frammentato e lacerato.

Scuoti i pregiudizi, scrolla le sicurezze,

fa’ piegare le resistenze più ostinate.

Vieni fra noi, Santo Spirito d’amore!

Santo Spirito del Figlio, fuoco purificatore,

incendia i nostri cuori con il tuo amore

e non permettere che ci manteniamo prudentemente a distanza di sicurezza.

Fa’ che non confondiamo il nostro timido tepore con la tua fiamma divorante.

È questa la luce che tu ci chiedi di portare ai fratelli: guida, sostieni e incoraggia i nostri passi.

Vieni  Santo Spirito di Pentecoste,

tu ci fai comprendere che il cammino

verso la riconciliazione degli uomini

e l’unità della Chiesa richiede la nostra conversione.

Non c’è conversione senza cambiamento,

e non c’è cambiamento senza purificazione.

Per questo invochiamo da te la forza

e il desiderio di lasciarci plasmare.

Vieni fra noi, Santo Spirito d’amore!

a noi, Santo Spirito d’amore!


 

1 avvento 2024.pdf

PELLEGRINI DI SPERANZA

SERVIRE LA VITA, SERVIRE LA SPERANZA

2 -  Catechesi di Avvento 2024

PREGHIAMO INSIEME

Spirito Santo, Consolatore mio, Ti invoco con tutto il cuore, perché discenda su di me la tua luce e la tua forza. Desidero ardentemente che il mio cuore si apra alla tua grazia, affinché possa sperimentare in pienezza e verità la misericordia e la bontà del Signore. Inonda la mia anima del tuo amore, sciogli ogni nodo di risentimento e di rancore che mi lega al passato.

Aiutami a comprendere la profondità del perdono divino e a viverlo in ogni istante della mia vita. Donami la forza di perdonare a me stesso e agli altri,  di lasciar andare il peso delle colpe

e di accogliere la libertà che sorga dalla tua misericordia. Voglio essere uno strumento nelle tue mani, capace di portare la tua consolazione a tutti coloro che sono feriti e disperati. Amen

 

GESU’ CERCA CASA E GESU’ OFFRE CASA
 1a parte

Vivere il mistero dell’Incarnazione in famiglia.

 

 TUTTI ABBIAMO BISOGNO DI CASA

Tutti, prima o poi, chi in un modo chi in altro, sentiamo bisogno di casa.

Sente il bisogno di una casa propria la coppia di fidanzati. Sente la nostalgia di casa l’emigrato. Sente il bisogno di pace, di tranquilla serenità chi è continuamente oberato dal lavoro, dalla vita piena di corse e di stress.

Vivendo in mezzo alle falsità, alle ipocrisie, alla mercificazione del corpo, alle paure sentiamo spesso il bisogno di trovare un angolo di verità, di pulizia, di bello in cui poter stare.

Sente il bisogno di casa il piccolo Extraterrestre del film E.T.  quando puntando Il dito verso le stelle dice: “Telefono… casa”.

Sente la nostalgia di casa il figlio della parabola che da casa era scappato in cerca di avventura e sarà o il bisogno della fame o il ricordo della bontà del Padre che lo fanno mettere in cammino.

E l’uomo, legato alla materia, al tempo, alle cose non sente qualche volta la nostalgia del cielo?

Quanto è prezioso per un uomo o per una donna avere un posto, una casa, un luogo di riferimento, degli amici veri su cui poter contare quanto è importante non perdere la speranza che un luogo simile esista, quanto è bello sapere che qualcuno che ci ama ci aspetta.

 

GESU’ AMA LA CASA DEL PADRE

Gesù e il Padre sono una cosa sola nell’amore dello Spirito Santo, ma Gesù di buon grado ha accettato la volontà salvifica del Padre nei confronti dell’uomo ed ha lasciato “la sua casa” “per porre la sua dimora in mezzo a noi”.

Gesù ama l’umanità di cui fa parte ma sente anche il bisogno continuo della comunione con il Padre, ecco perché Gesù sovente prega: si alza presto al mattino “per recarsi in luoghi solitari a pregare”, va al tempio per celebrare le liturgie di lode, partecipa al sabato nella sinagoga, legge la parola, la medita, la prega, la commenta, la offre …

Anche in tutto quello che fa, predicazione, miracoli, rapporti umani porta sempre la presenza di Dio, il ricordo della casa del Padre, anzi, fa nascere nei suoi interlocutori il desiderio di arrivare un giorno in quella casa dove, senza morire, si può guardare Dio faccia a faccia.

 Gesù quasi desidera che si compia in fretta tutta la sua opera per poter tornare al Padre e per poter aprire a noi una strada per giungere alla casa del Padre.

“C’è un battesimo che io debbo ricevere… e quanto desidero riceverlo in fretta”

 

GESU’ AMA LA SUA E LA NOSTRA UMANITA’

“E il Verbo si fece carne e mise la sua dimora in mezzo a noi”

Gesù non è arrivato in mezzo a noi come un Dio delle antiche mitologie, per farsi un giro turistico, innamorarsi di qualche bella donna, sfruttare l’umanità e poi tornarsene al suo Olimpo. Egli si è incarnato concretamente “Nel grembo della Vergine Maria”, cui Dio ha pensato fin dall’eternità per aprire a Gesù la porta sulla nostra umanità. Vero uomo, egli ha assunto in tutto la nostra natura umana eccetto che nel peccato. Gesù ama la sua umanità, la vive in pieno perché ama la nostra umanità, la vede come opera di Dio creatore, sa che tutto è stato fatto per Lui e in vista di Lui.

Gesù ama i piccoli (“Lasciate che i piccoli vengono a me”, “E prendendoli in braccio li accarezzava”, “Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli”). Gesù sa meravigliarsi e lodare Dio attraverso il creato (“Guardate i gigli del campo non filano e non tessono eppure il Padre vostro li ha vestiti meglio del re Salomone”, ”Ti ringrazio a Padre perché hai tenuto nascoste queste cose ai ricchi e ai potenti le e hai rivelate agli umili). Gesù sa rallegrarsi per le gioie degli uomini (partecipa alla festa di nozze, cambia l’acqua in vino, gli piace stare in compagnia e partecipare ad un buon banchetto). Gesù condivide le sofferenze degli uomini (“Ebbe compassione”, “Gesù scoppiò in pianto”, “Vedi come lo amava”), guarisce gli ammalati, libera gli ossessi, perdona i peccatori.

Gesù desidera che ogni uomo si riappropri dei veri valori della propria umanità mettendo Dio al centro, pensando a tutto come un dono che viene da Lui, accogliendo gli altri come fratelli, gioendo della misericordia e dell’amore di Dio che si manifesta anche nella concretezza del tempo e delle cose.

Ma nella umanità è entrato il peccato. Il male ha mistificato i fini del nostro vivere. Ciò che era dono è diventato un peso, il fratello è diventato un concorrente, la guerra e la violenza hanno insanguinato l’umanità, gli idoli del denaro, del potere e del successo, hanno richiesto e richiedono continuamente sacrifici umani. Gesù propone all’umanità, attraverso la misericordia e il perdono, la strada per uscirne, per essere salvati, per avere la possibilità di rinnovarsi totalmente. Ma gli uomini faticano a credere a Lui, sono lenti ad uscire dai propri ritualismi ed abitudini, preferiscono le ipocrisie, anche religiose, invece di accogliere l’acqua viva e zampillante di Gesù. E allora Gesù sente anche il peso del quotidiano, la non accoglienza, la falsità dell’ipocrisia, la supponenza di salvarsi da soli. Lui non si tira indietro e continua a proporre con forza la Verità di Dio ma l’incomprensione è forte, perfino i suoi amici, gli apostoli, in certi momenti dubitano di Lui, discutono tra loro su chi debba essere il primo ministro nel nuovo regno, cercano miracoli facili, in certi momenti si sentono addirittura di insegnare a Lui ciò che dovrebbe fare.

Gesù sente allora il bisogno di casa in questa umanità, il desiderio di qualcuno che lo accolga con semplicità e con fiducia, qualcuno che non riduca tutto a discussione religiosa, qualcuno che riceva i suoi doni con gratitudine… E non gli basta neanche la sua famiglia naturale. Con Maria, certamente ci sarà stato un rapporto talmente profondo e intimo che solo tra un Figlio e una madre del genere poteva esserci. Maria lo ha seguito con discrezione nella sua vita pubblica. Gesù non sa negarle niente, neanche un miracolo “banale” quello di trasformare acqua in vino. Gesù sa che potrà sempre contare sul suo amore anche per tutti gli uomini, infatti dalla croce ce la donerà, ma Gesù nella sua umanità sente il bisogno di una casa che superi le barriere della parentela umana. (“Chiunque fa la volontà di Dio mi è padre, madre, fratello e sorella”)

 

 

GESU’ HA BISOGNO DI “FAMIGLIA” DOVE DONARE E RICEVERE

Da quello che ci raccontano gli evangelisti Betania fu per Gesù la casa che divenne la sua famiglia dove lui poteva donare ed essere accolto da un amore semplice e sereno.

Betania intanto è famiglia ma non la classica famiglia composta da marito, moglie, bambini e magari anziani. Quella di Pietro era una famiglia classica. Qui a Betania vivono insieme tre fratelli (e non potrebbe forse essere anche questa una indicazione particolare: i cristiani devono vivere insieme da fratelli) non si parla di altre presenze anche se si può facilmente supporre che ci fossero dei famigli cioè dei servi che provvedevano ai campi e se si può capire facilmente che c’era un buon rapporto in tutto il paesino infatti in un’altra occasione troviamo Gesù a cena da Simone il lebbroso e sono presenti anche i tre fratelli.

Questi tre fratelli sono persone differenti tra loro.

Di Lazzaro sappiamo poco ma doveva essere un ebreo convinto, benestante conosciuto dagli scribi e dai sommi sacerdoti tant’è vero che dopo la sua risurrezione essi, per evitare troppo seguito a Gesù decidono di uccidere anche Lazzaro. Ma la caratteristica con cui Gesù stesso lo definisce è quella di “Amico”  (“il nostro amico Lazzaro”), cioè è colui che ama Gesù e i suoi, è il confidente, è la persona su cui poter contare, è colui di cui ci si può fidare, con cui si può parlare certi della sua comprensione.

Marta è la signora della casa, quella che tiene le redini, probabilmente anche la borsa. Quello che fa non le pesa, ha occhi per vedere le necessità e le urgenze ed ha cuore perché la sua ospitalità sia premurosa, accogliente, soddisfacente. E’ la donna “umile” nel senso della concretezza, dei piedi per terra ma non è assolutamente gretta. Accetta anche una correzione dall’amico Gesù e sa anche con semplicità dire quello che pensa a Lui: “Se tu fossi stato qui…”. Lei crede in Gesù come crede nella conduzione domestica della sua casa. La sua è una fede spessa, non ha bisogno di troppi fronzoli, di troppe parole. La sua è una fede che la porta ad agire anche se l’occhio non perde di vista la realtà (“Signore, ormai puzza”) ma proprio per questo la sua fede è ancora maggiore. Quello che potrebbe essere un suo limite ma che direi piuttosto parte costituente del suo carattere è quello di voler che gli altri si comportino come lei ma, d’altra parte, non faceva che mettere in pratica il comandamento di Gesù: “Non chi dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio”.

Maria è la figura della donna “innamorata”. Capiamoci bene: non della donna che ha preso una cotta per un bell’uomo attraente, neanche della stupidella che quando è cotta capisce ancor meno del solito, è colei che dal profondo della capacità della propria femminilità ha trovato nella serenità e nell’intelligenza la persona che riempie il suo cuore, che risponde alle aspettative del suo spirito, che le dà quelle certezze e sicurezze di cui sente il bisogno come persona e come donna poco considerata in quel tempo. Maria è capace di amare perché è capace di ricevere e di donare, perché sa ascoltare e non subissa Gesù con le sue chiacchiere, è una che sa stare ai piedi non con senso di servilismo ma con l’accoglienza più completa. E’ colei che non fa piazzate dei propri sentimenti ma che è pronta ad alzarsi e ad andare quando le vien detto: “C’è il maestro e ti chiama”. E’ come l’altra Maria, la mamma di Gesù, una che “meditava tutte queste cose nel suo cuore” è una che, come la sorella sa essere concreta nel suo manifestare gratitudine.

Tre persone diverse con caratteri diversi ma con dei principi e fini comuni.

Non li accomuna solo la parentela della carne ma la parentela della fede. Sono ebrei convinti, la Bibbia è il loro libro, la loro vita è scandita dai tempi della fede. L’amicizia non è dettata solo da sentimenti umani ma fonda se stessa sulla Parola di Dio, sulla fedeltà di Dio, sulla Paternità di Dio. L’accoglienza è l’atteggiamento tipico non solo del mondo orientale ma si fonda sulla Bibbia che dice che accogliendo le persone si accolgono gli angeli, un po’ come era successo ad Abramo. Sono queste le cose principali di cui si sente il buon odore in quella casa come si sente la fragranza e la semplicità del buon odore del pane fresco e il profumo dell’unguento profumato della riconoscenza.

Gesù ci sta bene, volentieri in quella casa. Sa che quelli sono i suoi veri discepoli. Sa che quei suoi tre amici se gli chiedono qualcosa è perché hanno fiducia in Lui e non gli fanno domande “per metterlo alla prova”. Sa che nessuno dei tre vuole manipolarlo, ottenere qualcosa per sé. Sa che in quella casa contano i silenzi come le parole, sa che può contare su affetto e comprensione, sa che quegli amici, così profondamente legati a Lui dall’amicizia umana sanno andare oltre e cogliere in Lui la presenza di Dio. Sa che in quella casa potrà sempre trovare un momento di pace interiore, di serenità, di semplicità e di amore vero. 

 

GESU’ HA PIACERE DI VENIRE A CASA NOSTRA

Tutto ci dimostra questo desiderio di Gesù. Lui ha preso carne, è venuto nella nostra realtà terrena perché ci ama. Ama suo Padre e ama noi e desidera donarci la sua salvezza e la sua amicizia. Lui è la parola del Padre, una Parola che salva, illumina, guida, protegge. Lui è la Via la Verità, la Vita. Lui ci ha dimostrato il suo amore e la sua amicizia offrendo la sua vita per noi (“non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici”), Lui si fa acqua per la nostra sete (“Se sapessi chi hai davanti chiederesti a Lui l’acqua che toglie ogni sete), Lui si fa pane per rimanere sempre con noi (“Chi mangia questo pane vivrà in eterno”).

Lui ci ama personalmente: è lo sguardo che si posa con amore su quel giovane osservante, è la voce che chiama personalmente gli apostoli, è quello che ci vede sotto il fico come è successo a Natanaele di Galilea, e colui che si ferma sotto la pianta dove Zaccheo, strano frutto, si è appollaiato e si invita a pranzo a casa sua. E’ il Figlio di quel Dio che “conosce ciascuno per nome”. Noi non siamo dei numeri, delle schede di archivio, dei file dei computer. Siamo per lui delle persone ben specifiche, degli amici cari. Lui con la sua presenza vuol salvare la totalità del nostro essere. Gesù vuol venire da noi, ha piacere di stare con noi, spera di poter stare con noi, di riposarsi con noi, di giocare con noi, di essere con noi, di entrare con noi in comunione con il Padre, di poter riversare su di noi i suoi doni di amicizia, di amore.

Gesù ha studiato e studia tutti i modi per venire in casa nostra. “Io sono con voi fino alla fine dei tempi”, “Ogni volta che avrete dato un bicchier d’acqua al più piccolo dei miei fratelli l’avrete dato a me”, “Io ho fame, io ho sete…”, “Dove due o tre sono uniti nel mio nome io sono in mezzo a loro”, Lui solo “ha parole di vita eterna”, ci ha dato la Chiesa e il sacerdozio perché “chi ascolta voi, ascolta me”, per essere con noi nel suo mistero di salvezza ci ha detto di fare viva memoria di Lui, “Chi mangia questo pane e beve questo sangue rimane in me ed io in Lui”. Lui è sempre in cammino per cercarci: “Sto alla porta e busso, se qualcuno mi aprirà noi verremo a Lui”, non si spaventa neanche del nostro peccato, a viene a cercarci come fa il fa il pastore con la pecorella smarrita. Pur di far festa è disposto a spazzare tutta la casa come la massaia o a lasciarsi dilapidare il patrimonio come il padre della parabola del figliol prodigo. La sua amicizia è fedele nonostante le nostre infedeltà e anche dopo queste è ancora disposto a dirci: “Mi fido di te” come ha detto a Pietro dopo il suo rinnegamento. E’ disposto a lasciarsi toccare quando siamo increduli come Tommaso, pur di salvarci è disposto quasi a dire bugie o a cercare scusanti: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Gesù vorrebbe trovarsi bene a casa nostra e non “Venne tra i suoi ma i suoi non lo accolsero”, se noi però lo accogliamo: “Diede loro il potere di diventare figli di Dio generati da Spirito santo”.

 

COME ACCOGLIERE GESU’ CHE VIENE IN CASA NOSTRA

Sempre tenendo d’occhi la casa di Betania proviamo a vedere quale sia il modo migliore di accogliere Gesù.

Partiamo dalle cose che sappiamo dare fastidio a Gesù proprio per evitarle.

A Gesù dà fastidio l’ipocrisia e soprattutto l’ipocrisia religiosa. A Gesù non piacciono le persone doppie, le persone false vogliono apparire diverse da quelle che sono in realtà. Con lui è inutile cercare di nascondersi: lui legge il cuore preferisce un pubblicano come quello della parabola che dice: “Pietà di me peccatore” ad un fariseo tronfio del bene che ha fatto per obbligo e per accaparrarsi un posto in paradiso, preferisce un Pietro generoso ma anche pauroso, buono ma anche peccatore ad un “sepolcro imbiancato bello di fuori ma pieno di ossa marce al di dentro”. Gesù non si spaventa del peccato perché sa che può perdonarlo e farci rinascere ancora migliori di prima, ma aborrisce chi si sente a posto, chi pensa di essere migliore degli altri, chi usa degli altri per apparire migliore di loro, perché sa che lì la sua grazia non può far nulla.

Attenzione perché questa è una delle tentazioni più forti, quella di sentirci migliori degli altri perché abbiamo dato la nostra vita al Signore. Attenzione a non giudicare il prossimo dall’alto della nostra presunta morale vedendo sempre il male quasi a dire che noi siamo diversi. Marta è amata perché Marta, così com’è con il suo carattere, Maria come Maria: sono sante tutte due.

Un'altra cosa, simile all’ipocrisia, che dà fastidio a Gesù sino i falsi misticismi cioè il vivere la spiritualità tutta incentrata su se stessi: “io e il mio Gesù”. Se Gesù vuole bene a ciascuno e a ciascuno si rivela in modo particolare non per questo cessa di essere il Signore di tutti. Nessuno di noi può accaparrarsi l’esclusiva di Gesù e nessuno di noi può pretendere da un altro la stessa nostra strada di spiritualità.

Dio non è da tenere tutto per sé. Io amo quando rispetto la libertà dell’altro. Io amo Gesù quando non ne faccio un esclusivo territorio di caccia per il mio falso misticismo ma quando sono felice che Gesù sia di tutti, per tutti. Se c’è una cosa che proprio non dovrebbe mai esistere sono le gelosie religiose. Non ha senso essere gelosi del bene dell’altro, non ha senso non rallegrarci quando il Signore giunge al cuore di un fratello per strade diverse da quelle che è giunto al mio cuore. Pensate a quanto deve essere stato difficile per Gesù aver ad esempio ridato la vita a Lazzaro e in conseguenza di questo vedere che i religiosi di allora invidiosi per il suo successo decidono di uccidere sia Lui che Lazzaro. Quante è bello invece gioire delle “meraviglie di Dio”, vedere che Dio fa crescere anche dove non si è seminato, scoprire non solo per noi ma anche per i fratelli le strade a volte umanamente impensabili attraverso cui Gesù cerca di giungere ai cuori.

Attenzione anche a non sfruttare l’amicizia che Gesù ha per noi, sarebbe svilirla. Mi spiego. Spesso per il fatto di aver fatto una scelta religiosa noi pensiamo di avere un ruolo e un posto particolare nel Cuore di Gesù. Se questo è vero per il dono che ci è stato fatto, non per questo noi siamo migliori di altri o possiamo accampare esclusive sul Signore. Certo lui gradisce quando noi preghiamo per gli altri, anzi questa dovrebbe essere una delle prime caratteristiche del nostro ministero: chiediamo lodiamo ringraziamo per gli altri anche con la forza del ministero che ci è stato affidato ma senza pretendere di avere un rapporto privilegiato con il Signore. Quanto è triste vedere preti e religiosi che quasi si sentono casta a parte. Io non vado in paradiso prima degli altri perché sono prete o suora, anzi ho più responsabilità di altri perché ho più ricevuto.

Una cosa poi da ricordare è che Gesù viene sempre in compagnia.

Gesù non arriva mia solo. Ci viene facile capire perché Marta chiedesse aiuto a sua sorella nel disbrigo delle faccende domestiche. Gesù era arrivato almeno con dodici apostoli se pur non c’era anche una truppa di discepoli e di poveri!

Ricordo vagamente una bella preghiera del Quoist dove l’autore diceva più o meno: “Ho sentito bussare alla porta. Eri tu. Ho socchiuso per farti entrare. Ma subito dopo te una folla ha spalancato la porta e sono entrati. Qualcuno con delicatezza. Qualcuno invece si è quasi appropriato di casa mia. E non sono neanche tutti di mio gradimento perché tu o Gesù ami delle compagnie abbastanza strane. Gesù, certe volte non ne posso più.”

Se davvero vogliamo accogliere Gesù dobbiamo essere disposti ad accogliere anche tutti i suoi amici e fin che si tratta dei santi ne siamo anche felici, ma dobbiamo essere altrettanto felici di accogliere anche i peccatori che lui ama, i poveri che sono i suoi privilegiati, i nostri compagni di viaggio o di vocazione che proprio per il contatto quotidiano e per la confidenza a volte possono anche diventare pesanti. Qualcuno ha detto: “vita comune, massima penitenza”. Penso fosse un po’ troppo pessimista ma credo non avesse tutti i torti. Volete vedere se per voi è vero? Provate a chiedervi se quando magari siete state per un po’ lontane dalla vostra casa religiosa magari per fare del bene sentite il desiderio di tornarvi per trovarvi la pace e le vostre consorelle. Eppure accogliere Gesù parte proprio di lì. Per chi è sposato dall’accogliere la propria moglie o il proprio marito, i figli, i nonni, gli suoceri, il parroco che vorrei vedere diverso da come è, quel compagno di lavoro che non la smette di sfottermi, quella vicina di casa così invadente, quel confratello o quella consorella che qualche volta dentro di me chiamo can-fratello o can-sorella. No, anche qui non è questione di diventare falsi, di non dire più quello che pensiamo, di nasconderci dietro a sorrisi ipocriti, si tratta con tutti i limiti del nostro carattere di mettere però al primo posto l’amore vero, quello che fa dire la verità ma non come se fosse un arma per uccidere, quello che ci porta ad ascoltare prima di parlare, quello che ci aiuta a vedere le cose buone dell’altro prima che i suoi difetti, quello che ci porta a condividere i nostri doni prima di pretendere che l’altro assolva ai suoi doveri nei nostri confronti.

 

 PREGHIAMO

Se tu non vieni, i nostri occhi più non vedono la tua luce, le nostre orecchie più non odono la tua voce, le nostre bocche più non cantano la tua gloria. Vieni ancora Signore. Se tu non vieni,

i nostri volti non sorridono per la gioia,

i nostri cuori non conoscono tenerezza, le nostre vite non annunciano la speranza. Vieni ancora Signore. Se tu non vieni, le nostre spalle sono curve sotto il peso, le nostre braccia sono stanche di fatica, i nostri piedi già vacillano sulla via. Vieni ancora Signore.

 

 

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PELLEGRINI DI SPERANZA

SERVIRE LA VITA, SERVIRE LA SPERANZA

3 -  Catechesi di Avvento 2024

 

PREGHIAMO INSIEME

O Spirito Santo Paraclito, pieno di gioia  donaci di conoscere il Padre, e di conoscere il Figlio.

Sì, o Spirito del Padre, dolce ospite dell’anima, resta sempre con noi per farci conoscere il Figlio sempre più profondamente. O Spirito di santità, donaci la grazia di amare Gesù con tutto il cuore, di servirlo con tutta l’anima e di fare sempre e in tutto ciò che a lui piace.

O Spirito dell’amore, concedici di rendere  una gloria sempre più grande a Gesù, nostro amato Salvatore. Amen

 

GESU’ CERCA CASA E GESU’ OFFRE CASA

2a parte

Vivere il mistero dell’Incarnazione in famiglia.

 

A GESU’, PRIMA DELLE COSE, INTERESSI TU

Noi siamo portati qualche volta a pensare che per accogliere Gesù ci vogliano tante cose e allora ci affanniamo per esse qualche volta dimenticandoci di Colui che viene.

Faccio qualche esempio: il nostro mondo sta per celebrare il Natale (pensate che qualche pubblicità televisiva o illuminazione pubblica sono già partite due mesi prima, altro che le nostre quattro settimane di Avvento), noi abbiamo pensato al Presepio, alla Novena, all’albero di Natale, ai doni da fare e da ricevere, al pranzo di Natale e a chi invitare, a mille altre cose, ma ad accogliere veramente Gesù ci abbiamo pensato? La chiesa lungo i secoli ha pensato di onorare Dio costruendo cattedrali enormi, ricche meravigliose. Provate ad entrare in San Marco a Venezia, nel Duomo di Firenze o di Ravenna, andate a vedere le ricchezze e le bellezze di S. Maria Maggiore a Bergamo. Ma quelle chiese sono diventate Musei per turisti, in qualcuna si paga addirittura il biglietto per entrare. Chi sa se Gesù abita ancora lì.

E noi preti (qualche volta anche religiosi e laici) che per zelo apostolico ci diamo da fare con le ultime novità della evangelizzazione (come se ci fosse una evangelizzazione vecchia e una nuova) facendo gruppi, correndo dietro a manie religiose, costruendo nuove parrocchie, unità pastorali e territoriali, magari anche cose belle e buone, pensiamo di essere noi a salvare il mondo e ci dimentichiamo di Cristo in Croce e di Cristo risorto che il mondo lo ha già salvato donando se stesso?

A Gesù, prima della casula d’oro interessi tu prete che stai sotto la casula, prima delle chiese grandiose, delle case a Gesù interessano le persone che vanno in Chiesa o che sono ospiti delle nostre case religiose, prima delle parrocchie all’ultimo grido interessano i parrocchiani, prima del ritiro fatto con tutti i crismi o prima degli esercizi spirituali eseguiti con tutte le prediche al posto giusto e con le adorazioni, i sacrifici, i propositi scritti sul libretto che poi non leggerai, interessi tu povero prete, povera suora, con  tutti i tuoi limiti, i tuoi dubbi, ma con tutta la voglia di lasciarsi amare e di amare a tua volta.

Guardando a Betania proviamo allora a vedere alcune strade di amicizia, di accoglienza, di fede con cui accogliere Gesù in casa nostra.

ASCOLTO

Noi spesso pensiamo che il nostro rapportarci con Gesù sia fondamentalmente fondato sulle parole e soprattutto sulle parole che noi pensiamo o diciamo a Lui.

Quando si vuol bene ad una persona si comunica con essa attraverso tutto noi stessi: si può essere vicini ad una persona lontana da noi con lo spirito, si comunica con gli occhi, con i gesti, con il proprio corpo, con i sentimenti, con la ragione. E vero che spesso la comunicazione trova la sua espressione attraverso la parola, ma non è solo quella ma è anche vero che perché ci sia vera comunicazione anche verbale occorrono alcune cose essenziali:

1) che si parli la stessa lingua o una lingua conosciuta

2) che si conosca l’uso dei termini e del modo di esprimersi

3) che si ascolti quello che l’altro ha da dire

4) che si sia rispettosi dell’altro e che davvero si voglia dialogare.

Gesù rispetta queste norme con noi: Lui si è fatto “in tutto simile a noi”, parla il nostro linguaggio, non usa termini difficili e astrusi, ascolta sempre il nostro parlare e desidera dialogare con noi. E noi facciamo altrettanto?

Tante volte nella nostra vita noi ci stupiamo perché persone anche vicine a noi, pur avendo ascoltato almeno esternamente ciò che abbiamo detto loro si comportano in modo diverso, quasi non ci avessero sentito, pensate ad esempio ad un figlio a cui si sono date certi valori, certe norme, che si è indirizzato in un certo modo e che poi si trova a fare bellamente il contrario.

Una delle cause è perché non si sa ascoltare. Si sente, ma non si ascolta. Non per niente la preghiera degli ebrei al tempo di Gesù e nostro comincia per cinque volte al giorno con la frase: “Ascolta Israele”.

Qualcuno dirà: “Ma io cerco di ascoltare, ma il Signore non parla”. Siamo poi proprio sicuri di questo o siamo noi che non siamo sintonizzati sulla frequenza giusta? Il Signore parla in mille modi: la natura, le persone, la sua Parola nella Bibbia, gli avvenimenti… come mai spesso non riusciamo ad ascoltarlo?

Perché bisogna essere capaci di silenzio.

SILENZIO

Il silenzio può essere una cosa tremenda. Lo hanno sperimentato coloro che sono stati messi per periodi in celle di isolamento: si rischia la pazzia. Il silenzio può indicare il vuoto interiore, il nulla ma il rumore, la dissipazione, le corse, gli affanni spesso indicano la stessa cosa: si copre il vuoto con il rumore, ma il vuoto della persona rimane ugualmente.

Il silenzio di cui abbiamo bisogno per poter cominciare ad ascoltare il Signore è quello di Batania: mettersi ai piedi di Gesù come Maria, non lasciarsi portar via dagli affanni come Marta.

Mettersi ai piedi significa riconoscere la grandezza, l’importanza di colui che vogliamo ascoltare, significa assumere l’atteggiamento del discepolo, indica vicinanza, intimità, rispetto, desiderio di apprendere, di far contento.

Dare il giusto valore alle cose e non diventarne schiavi significa liberarsi, fare dello spazio, rasserenarsi, rendersi ancor più disponibili ad accogliere non delle cose ma la persona.

Il silenzio vero li si coniuga mettendo insieme Marta e Maria e soprattutto mettendoci davanti a Colui che ci ama e che amiamo.

Quando vogliamo pregare non è mai perdita di tempo dedicare un momento prima facendoci alcune domande e creando in noi la disponibilità alla preghiera: che cosa sto facendo? Chi è Colui che incontro? Quale buona notizia avrà da dirmi colui che amo e che mi ama?

E se poi le distrazioni arrivano lo stesso non spaventiamoci: facciamole diventare preghiera ad esempio se mentre prego mi viene in mente quella cosa che dovrò fare oggi perché non chiedere a Gesù: “secondo il tuo Vangelo, la tua parole quale sarà il modo migliore di vivere quell’impegno nella tua volontà?”

Il silenzio, il “deserto” del credente non deve mai essere vuoto, ma deve essere l’impegno a svuotare noi di noi stessi per fare spazio a Lui,

Tutto questo può sembrare impegnativo, magari anche un po’ duro per noi, ma diventa facile, anzi desiderabile se noi viviamo la Gioia dell’incontro

GIOIA

Purtroppo un certo modo di pensare e di educarci ha reso la fede una cosa terribilmente seria che in essa non sembra esserci spazio per la gioia. E’ estremamente sbagliato. Nessuno dice che seguire Gesù sia facile, nessuno dice che non abbiamo grosse responsabilità soprattutto nei confronti del nostro prossimo, ma può essere triste una fede che ci dice che un Dio per amore si è fatto uomo, per amore ha dato la sua vita per noi, una fede che ci mostra Dio come un Padre buono e compassionevole, uno Spirito che vuole rinnovarci nel profondo del cuore?

Come faccio ad andare ad un incontro con Colui di cui sono innamorato solo con tristezza o con paura?

Gioia non è incoscienza, non è sorriso artificiale messo sulle labbra, non è stupidaggine, non è neanche solo soddisfazione dei sentimenti, è serenità interiore, è forza d’animo è espressione di speranza, è atteggiamento positivo di vita. Ma tutto questo perché noi siamo fruitori della Buona Novella. Se è una buona notizia, la notizia di Dio che ci ama e che ci salva, non posso essere triste.

Vi assicuro che spesso quando dico la Salve Regina e arrivo a quel “gementi e piangenti in questa valle di lacrime”, dentro di me dico alla Madonna: “E’ vero che per molti la vita è dura, che ci sono lacrime, sofferenze, dolori, peccati ma è anche vero che noi siamo anche gioiosamente contenti del dono della vita, di tutto quello che essa ci da, dei doni di Dio, di Gesù, dei Sacramenti e allora se è vero che qualche volta siamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime siamo anche gioiosi e contenti di in mezzo a questo doni gratuiti e innumerevoli di Dio”.

Troppo spesso, specialmente noi preti e religiosi abbiamo fatto un cattivo servizio a Dio. Per manifestarne il rispetto, quasi per difenderlo da chi avrebbe potuto banalizzarlo abbiamo manifestato un volto di Dio triste più attento al conto dei peccati che Padre misericordioso attento ai suoi figli. Se Dio è davvero Dio non può che essere gioia perché completa risposta alle aspirazioni che Lui stesso ha messo nel nostro cuore. E’ vero che c’è la croce e che attraverso di essa viene la nostra salvezza, ma le croci non sono mai imposte da Dio sono sempre una conseguenza del male e perfino una croce può diventare una gioia interiore se vissuta nel cuore di Gesù.

Dunque ascolto con gioia Gesù, perché quello che ha dirmi è il massimo del mio bene. Faccio la volontà di Dio non come se questa fosse sempre un peso, un qualcosa di difficile, ma come se essa sia la cosa migliore per me, e quando non capisco mi fido lo stesso perché se non capisco io Dio capisce meglio di me.

DISPONIBILITA’ E PORTARE GESU’ NELLE COSE

Il sapere chi incontriamo, l’essere sereni nel cuore porta anche all’atteggiamento della disponibilità. Il vero discepolo, ai piedi di Gesù è uno che si lascia fare, plasmare da Lui. Un vero momento di preghiera, di incontro con Gesù non dovrebbe mai vederci uscire uguali al modo in cui vi siamo entrati. Lo Spirito Santo di Gesù, se noi lo accogliamo, ci plasma continuamente uomini e persone nuove.

L’agire e il pregare non sono in contraddizione, al massimo non vanno d’accordo prima della preghiera. Quando hai pregato hai anche la luce per il tuo agire. Se tu non vai d’accordo con una persona, ne parli con Gesù, alla fine non avrai magari cambiato i tuoi sentimenti nei suoi confronti ma certamente hai cambiato almeno un po’ il tuo atteggiamento. Se hai chiesto insistentemente una cosa dopo la preghiera metterai anche tu tutta la tua parte perché si possa realizzare. Se hai chiesto qualcosa con fede vera e poi le cose non sono andate come prevedevi avrai anche un po’ di più la capacità di capire che forse non era poi proprio il tuo unico e vero bene.

ANCHE NOI SIAMO CHIAMATI DA GESU’ NELLA SUA CASA

Ma non solo noi possiamo e dobbiamo diventare Betania per Gesù, far sì che si trovi bene a casa nostra, anche Gesù ci invita nella sua Casa.

Se guardiamo bene dentro di noi ciascuno ha desiderio di infinito, di bello, di giusto, di vero e le cose pur belle e grandi della terra sono sempre finite e non riempiono in pieno il nostro cuore. Gesù è Dio, è la completezza dei nostri desideri. Lui non ci toglie dalla nostra situazione umana ma venendo in essa le dà significato anche per un cammino verso la pienezze, la visione totale del volto del Signore.

Quindi noi accogliamo Gesù per camminare con Lui verso la sua casa e in questa comunione noi già facciamo esperienza di ciò che sarà per noi l’eternità.

GESU’ E’ UN AMICO CHE NON TRADISCE

Gli amici veri sulla terra sono molto rari e anche il miglior amico ha dei limiti e può aver dei difetti. Con gli amici terreni ci limitano nel rapporto con loro, le cose, i tempi, le persone, le lontananze, i caratteri, le paure… Anche al migliore amico non sempre è opportuno dire tutto. Anche il migliore amico può tradirti.

Gesù non ti tradisce mai. Lui ti conosce: “tu mi scruti e mi conosci, mi conosci quando mi seggo e quando mi alzo. I miei pensieri non sono ancora stati formulati che tu li conosci già tutti”. Lui non ti giudica, vuole solo il tuo vero bene. Lui può essere presente in ogni momento della tua vita. Sta solo a te aprire la comunicazione. Lui non ti risolve i problemi, ti rispetta non vuole mettersi al posto tuo, ma ti indica la strada e ti sostiene. Lui non ti abbandona mai (semmai viene a cercarti quando ti sei allontanato tu). Lui ti ha dato la sua misericordia e tu sei “perdonato” eccetto che tu non lo voglia. Lui ti porta dal Padre e non ti fa mai mancare il dono del suo spirito se tu lo desideri.

GESU’ E’ UN MAESTRO CHE PROPONE

Lui non si impone mai, non ti obbliga a volergli bene ma si propone sempre perché sa che solo con Lui la nostra vita acquista il suo senso vero.

Gesù è il maestro che parla al tuo cuore, che ti ha dato una coscienza che ti chiede di formarla sempre più ai valori della sua scuola. Gesù ti parla attraverso le leggi e i tempi della natura. Gesù è un maestro esperto di cuore e di amore, è capace a trapiantare un cuore di carne là dove c’è un cuore di pietra, è capace a far diventare verdeggianti anche i più aridi deserti. Ti parla continuamente attraverso gli avvenimenti della vita. La sua parola è qualche volta misteriosa ma se tu la mastichi prima o poi diventa “dolce come il mele” e in essa trovi le risposte e strade che cercavi.

Gesù è la luce che illumina il buio, è la luce di casa che ti riaccende la speranza mentre vagoli nella paura e nei buio della foresta. E’ l’acqua che ti abbevera e che ti lava e che ti ha già fatto rinascere per sempre attraverso il battesimo, E’ la strada attraverso la quale ti sta accompagnando a casa di suo Padre. E’ la verità ultima delle cose non le piccole verità temporali che sai trovare tu. E’ la risurrezione per chi è morto.

Si tratta di ascoltare il maestro, di capire il bene che ci vuole in quello che ci insegna, di lasciarci guidare da Lui.

 

GESU’ DESIDERA FAR FESTA CON TE

Gesù non è il Dio che viene sulla terra per prenderti qualcosa o per riscuotere le tasse. Non vuole niente vuole solo offrirti la possibilità di vivere con gioia i suoi doni qui e di farti intravedere altri doni che troverai nella sua casa per sempre.

Lui ti invita a scoprire il vero volto di Dio che è tuo Padre, Lui ti permette di diventare inno di lode con tutta la creazione, Lui ti assicura che Dio si prende cura degli ultimi, dei poveri, degli orfani e delle vedove.

Lui ha “compassione” di te e del suo popolo nel senso che vive con te le tue passioni e ti ama con passione fino a dare la sua vita. Lui ti invita ad un banchetto di festa in cui Lui, per stare con te, si fa pane per sostenerti nel tuo cammino. Lui ti invita a partecipare ad un banchetto che il Padre ha preparato per l’eternità. Stare con Lui ora e poi per sempre non può che essere gioia, felicità, serenità.

GESU’ NON SI SPAVENTA DELLE TUE DEBOLEZZE

Quando eravamo piccoli ci hanno insegnato che se rubavamo la caramella o facevano i dispetti alla sorella, Gesù piangeva. Quando siamo diventati adolescenti ci hanno insegnato che se non usavamo bene del nostro sguardo, dei nostri sensi, Gesù si offendeva, quando abbiamo capito che cos’è un peccato mortale ci hanno detto che facevamo morire Gesù.

E’ verissimo che il male è contrario al Signore che è il bene, è vero che quando seguiamo queste strade noi offendiamo in qualche modo il Signore in quanto non accettiamo il suo aiuto e la sua grazia per vincere il male come ha fatto Lui ma da questo a svilire la salvezza che Gesù ci ha meritata passa una bella differenza.

Gesù non è un cacciatore di peccati contento di scovarli per poter poi condannare il peccatore. Dio sarebbe un Dio ben sadico se fosse il facitore di inferni come quelli di Dante con pene degne del più grande maniaco di sadismo della terra. Gesù vuole la nostra salvezza. Il Padre ha accolto il sacrificio di Gesù per noi. Lo Spirito non vede il momento di poterci ridare la vita di figli di Dio anche quando abbiamo sbagliato, la Madonna e i santi non desiderano altro per noi che la misericordia di Dio possa coprirci con la sua Grazia come ha già operato in loro.

Gesù non approva il male, non si fa connivente con esso ma ama ad oltranza il peccatore se non ci credete provate a leggere quanto umanamente sia assurdo il padre della parabola del figliol prodigo che si riprende in casa uno che lo ha considerato morto e che gli ha già dilapidato mezzo patrimonio e che al di là delle sue parole non dà altra garanzia che non sia di nuovo pronto a farlo. Guardate a Gesù che perdona i crocifissori o che perdona Pietro e che, nonostante tutto, gli ridà, proprio a lui che lo ha rinnegato, il primato della nascente comunità.

Possiamo disperare a causa dei nostri peccati? C’è qualche peccato che non possa essere perdonato da Dio? L’unico è quello di non essere disposti a riconoscerlo e a farci perdonare. Dio mi ama nonostante tutto.

GESU’ E’ CONTENTO QUANDO PORTI CON TE AMICI

Quando tu apri il tuo cuore ai fratelli, ai vicini, ai poveri, ai peccatori, quando in fondo ti comporti come Gesù ti ha insegnato e condividi i tuoi doni, quando preghi con amore per gli altri, quando ti sporchi le mani con loro, quando non disdegni il servizio umile, Gesù è contento.

Non spaventarti se gli altri qualche volta sono fracassoni, non sono magari come te, ti portano via anche un po’ di tranquillità, magari sono anche lontani dalla fede. Tu in qualche maniera portali a Gesù, fosse anche solo nella preghiera, lo farai contento, Lui che cerca sempre tutti. Non è che portando degli amici a Gesù gli riempirai la casa e ci sarà meno posto per te: la sua casa più si riempie e più diventa spaziosa e gioiosa per tutti.

NELLA CASA DI GESU’ CI SONO ANCHE MARIA E I SANTI

Con Gesù ci sono tutti quelli che lui ama. In Gesù tu trovi ogni uomo passato o futuro della terra soprattutto trovi Maria e i santi. Essi ti dicono della misericordia del Signore che ha fatto “cose grandi in loro” usando della loro pochezza. Essi ti dicono che la strada della santità con Gesù non solo non è impossibile ma anzi gioiosa perché basta lasciare agire Lui. Essi ti dicono che anche la sofferenza non è soltanto negatività ma che se la vivi con la croce di Gesù diventa salvezza, liberazione, comprensione di una volontà sempre benevola di Dio nei tuoi confronti, ti dicono che con Lui nulla va perduto, ti ricordano che la vita presente è un dono prezioso e che quella futura è una realtà in cui troverai la completezza. Troverai delle persone che proprio perché salvate a loro volta intercederanno sempre con te perché la salvezza possa realizzarsi nella tua vita.

Con Gesù ritrovi anche i tuoi cari defunti e li ritrovi vivi, più vivi che mai. Anch’essi lodano Dio per la sua misericordia e ti sono vicini, non per spaventarti ma per aiutarti a sperare, a donare, ad amare. Essi sono felici quando ci vedono vicini a Dio, essi tramite Lui ci comunicano la speranza di rivederli un giorno là “dove non ci sarà più ne pianto né lutto” ma solo gioiosa pace e visione eterna del nostro amato.

 

CON GESU’ SI APRONO PROSPETTIVE MERAVIGLIOSE

Noi qualche volta siamo preoccupati perché pensiamo al domani: Quando guardo alle persone che partecipano alla Messa che celebro alle otto della domenica, vedo che l’età media supera i sessant’anni, quando mi apposto la domenica all’uscita delle chiese vedo gente sempre anziana e sempre in meno numero, qualche volta anche gente triste che sembra uscire da una sepoltura e non da un gioioso banchetto domenicale con Dio. Quando voi pensate al domani del vostro ordine può prendervi l’affanno.

Sono poche le prospettive di riempire di nuovo le nostre chiese e voi che avete giocato tutta la vita per Gesù ne siete tristi quasi come è triste una donna che non possa vedere i propri bambini e i propri nipoti. E allora il diavolo ne approfitta: dalla piccola crepa nostalgia fa nascere la tristezza che poi si trasforma in pessimismo e qualche volta raggiunge la delusione.

Ricordiamocelo: queste sono tentazioni ben mascherate e siccome il diavolo sa che siamo deboli in queste cose ce le propina in continuazione.

“Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?”. Ne siamo convinti?. Ma questo non vuol dire che Lui farà secondo quello che vogliamo noi ma farà secondo quello che è giusto. “Quando avrete fatto tutto quello che dovevate fare dite: siamo servi inutili”. A noi dovrebbe bastare di essere stati con il Signore e di aver fatto quello che lui ci ha chiesto nei vari momenti della nostra vita. Io umanamente non credo che il vostro ordine finirà, Gesù ha mostrato progetti grandi sia a don Ferreri che a Germana. Però i suoi progetti non sono i nostri. Lui può “far nascere figli di Abramo anche dalle pietre”, e proprio Abramo ci dimostra che vale la pena di fidarsi di Dio anche quando l’età è già avanzata e “non era più tempo di avere figli per Sara”.

Se siamo con Gesù non possiamo permetterci il lusso di essere pessimisti, sarebbe una grave mancanza di fiducia nei suoi riguardi. Se ci fidiamo di Lui sappiamo che il bene fatto non andrà mai perso, che le promesse fatte da Lui troveranno certamente compimento, forse non come intendiamo noi, ma certamente in un modo migliore.

“Signore, ci tengo, mi do da fare, ma poi mi fido totalmente di Te, anche al buio e continuo la mia strada contento di accoglierti in casa mia e felice di camminare con te verso la case tua per sempre.

 

Preghiamo insieme

Che la Vergine Maria ci aiuti ad aprire le porte del nostro cuore a Cristo,  ci insegni ad essere umili,  perché Dio guarda gli umili; ci sproni a cercare profondamente e sinceramente la volontà di Dio, anche quando questa sconvolge i nostri piani; ci incoraggi nell'attesa del Signore, a condividere il nostro tempo e le nostre energie con chi ne ha bisogno.

Madre di Dio, Vergine dell'attesa, fa' che Dio ci trovi pronti a ricevere l'abbondanza della sua misericordia. Maria Santissima, “Donna Eucaristica”  e  Vergine dell'Avvento, preparaci tutti ad accogliere con gioia la venuta di Cristo e a celebrare la sua presenza sacramentale  nel mistero dell'Eucaristia. Amen.


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PELLEGRINI DI SPERANZA

SERVIRE LA VITA, SERVIRE LA SPERANZA

4 -  Catechesi di Avvento 2024

 

PREGHIAMO INSIEME

È Natale. È Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano. È Natale ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare l’altro. È Natale ogni volta che non accetti quei principi che relegano gli oppressi ai margini della società. È Natale ogni volta che speri con quelli che disperano nella povertà fisica e spirituale. È Natale ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza. È Natale ogni volta che permetti al Signore di rinascere per donarlo agli altri.                                                                                          (Madre Teresa di Calcutta)

 

LA PAROLA DI DIO

 

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovòincinta per opera dello Spirito Santo.

Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.

Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati»..

Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa                                                (Matteo 1,18-24).

   

1. LA PRESENZA DI CRISTO

Tornano le feste natalizie. Non le definirei feste pagane perché il paganesimo aveva una sua dignità, culturale, morale e religiosa. L’essenza del nostro natale è, invece, commerciale: un fatto di merci… Sembra che la vita in questi giorni sia ridotta a merce.

Allora è tutto da buttare? Direi proprio di no, ma gli aspetti positivi vanno cercati e costruiti aldilà delle vetrina e degli svolazzi angelici. La Parola con cui Paolo apostolo, prigioniero a Roma esortava la comunità di Filippi ci viene richiamata in questo periodo di Avvento: "Il Signore è vicino". (Fil. 4,5). E' una parola di speranza, è l'espressione di una certezza. Gesù Cristo risorto ci è sempre vicino. Cristo è sempre presente nella sua Chiesa.

E' presente nei suoi sacramenti, soprattutto nell'Eucaristia, è presente nella sua Parola, è presente quando la Chiesa prega e loda lui che ha promesso: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, là sono io in mezzo a loro". (Mt. 18,20).

C'è un'altra presenza di Cristo, quella per cui Egli povero e sofferente inviato dal Padre a "dare la buona novella ai poveri” (Mt. 11,5), considera “fatto a sé quanto è fatto al più piccolo tra i suoi fratelli” (Mt. 25,40).

 

2. IL MISTERO DEL NATALE

La festa del “Natale cristiano” nasce molto tardi: Il Natale è testimoniato per la prima volta nel calendario della feste dell’anno 354, ma appare probabile che si sia introdotto a Roma già prima del 336. A Milano la festa del Natale fu celebrata dal 337, in Antiochia e Costantinopoli si diffuse solo con lentezza, l’imperatore Giustino II (565-578) si vide costretto ad imporla per tutto l’Impero Romano… La scelta del giorno 25 dicembre fu determinata, con tutta probabilità, dal fatto che il mondo romano celebrava in

questo giorno il solstizio d’inverno, la nascita del dio Sole, il culto del quale era molto diffuso nell’impero. Al posto della festa pagana ora doveva subentrare una festa cristiana…

Cristo dunque è già venuto, è vicino a noi, è con noi.

Tuttavia la liturgia c'invita in questo tempo di Avvento a vivere nell'ATTTESA e nell'adorazione di Lui, ad affrettare la sua venuta con la preghiera, a prepararci ad accogliere degnamente il Salvatore, a celebrare la festa ormai vicina. La festa del Natale di Cristo non è, per il cristiano consapevole della sua fede, solo un motivo di superficiale emozione e tanto meno di ricordi folcloristici troppo poveri di senso religioso.

Il Natale richiama e rende in qualche modo attuale il mistero del Figlio di Dio fatto uomo, venuto a condividere, dalla nascita alla morte, la sorte degli uomini di cui si è fatto fratello, per renderli figli di Dio e fratelli tra loro e così portarli al Padre. Il Natale ha un senso non se non ci fermiamo alle belle e suggestive leggende di Luca e Matteo, ma se ne scopriamo il significato. Parlando delle origini, questi racconti in realtà vogliono richiamare la nostra attenzione sulla vita storica di Gesù, sul suo insegnamento. Nel linguaggio del loro tempo ci richiamano a non trascurare la persona, le scelte, l’insegnamento di Gesù. Per Luca e per Matteo Gesù è un regalo che Dio ha fatto all’umanità, un grande dono: ecco il significato del “meraviglioso”. Noi siamo tentati di mettere da parte, di sottovalutare il messaggio di Gesù e, invece, questi testi ci richiamano all’esigenza di dare peso al vangelo Non ci interesserà più allora come è nato Gesù: esattamente come sono nato io e come sei nato tu. Ci interessa far nascere in noi la fiducia in Dio che ha sostenuto tutta la vita contro corrente di Gesù. Ci interessa scoprire che quell’uomo chiamato Gesù di Nazaret è realmente vissuto in quella terra che oggi chiamiamo Palestina come un vero credente in Dio e un vero profeta di giustizia.

 

3. VEDRANNO IL FIGLIO DELL'UOMO

Questo tempo liturgico ci richiama anche la seconda venuta di Cristo "sulle nubi, con grande potenza e maestà" (Mt. 24,30), Sappiamo che non è lontano il giorno dell''incontro con Cristo per ciascuno di noi, nella nostra morte. Perciò ascoltiamo, specialmente in questo tempo d'Avvento il monito di Gesù: "Vegliate, dunque perché non sapete in che giorno verrà il Signore; siate pronti, perché il Figlio del l'Uomo verrà in quell'ora che meno pensate" (Mt.24,42).

Tutti ci vogliono “bambini” obbedienti, in visita ai presepi meccanici, davanti al panettone e allo spumante, a pancia piena davanti alla TV, magari anche per la solenne benedizione augurale del papa. E poi i viaggi in paesi lontani… dopo aver dato qualche moneta per i poverelli o invitato il barbone a pranzo. Non sto calpestando momenti di sincera e fattiva solidarietà o di costruttivi incontri familiari. No, sto solo denunciando quel clima di alta glicemia spirituale che ci acceca, ci culla e ci addormenta. Ciò che è decisivo per la mia fede è ciò che Gesù ha fatto, praticato e insegnato. A Natale noi ci soffermiamo divagando tra angeli, la stalla, i pastori, il bue e l’asinello e veniamo presi in braccio e cullati da una predicazione di rutine e moralistica che tenta di coprire quel vuoto di contenuto evangelico che si percepisce ovunque. Lo sfolgorio delle luci è il segnale più evidente delle tenebre in cui siamo avvolti.

La lettura del Vangelo, colto nella sua forza e nella sua concretezza, non ci spinge affatto ad  aspettare il bambinello Gesù e a guardare alla “capanna di Betlemme”. Matteo ci svela una tragica possibilità: nel ritmo e nella scansione della esistenza quotidiana possiamo “non accorgerci di nulla” e così buttare via la nostra vita. C’è un solo rimedio: “vegliare” ed “essere pronti”. E’ l’esatto opposto della “politica del Natale”. Anziché avvelenarci nell’evasione, cerchiamo di cogliere qualche momento e qualche giorno di tregua e di riposo per risvegliare i nostri occhi e la nostra attenzione sulla realtà in cui viviamo.

La s c i amo a l papa l e benedizioni urbi et orbi, alla città e al mondo. Ne possiamo fare a meno. “E’ ormai tempo che vi svegliate dal sonno”, scrive Paolo ai romani (13,11).

In questo tempo di corruzione, di ipocrisie, di cristiani servi del potere e adoratrici del denaro e del privilegio, occorre che ciascuno/a di noi colga l'invito accorato e concreto delle Scritture che leggiamo. Aiutiamoci a vigilare, ridestiamoci dal sonno dell’indifferenza, dello sconforto e della paura. Non c’è da attendere una nuova nascita di Gesù o una sua seconda venuta. “Gesù viene sempre” nel senso che il suo messaggio e l a sua chiamata sorgono da ogni parte, se noi non siamo addormentati, distratti o avvolti negli svolazzi angelici.

Cristo ritornerà alla fine dei tempi per prenderci con sé e così "saremo sempre con il Signore" (Tess. 4,17), per questo preghiamo: "Insegnaci il distacco dai beni della terra, e l'amore ai beni del cielo".

 

4. PREPARAZIONE NELLA FEDE

Quando la nostra fede ritornerà a risuonare nelle vie del mondo come un appello alla libertà e alla giustizia? Prepararci al Natale significa anzitutto ridestare e approfondire la nostra fede nel mistero di Cristo Figlio di Dio fatto uomo per salvarci. Alla necessità della fede ci richiama la risposta di Gesù ai discepoli di Giovanni Battista che gli domandano: "Sei tu colui che deve venire?" (Mt. 11,3). Alla fede in Gesù, presente tranoi, ma ancora sconosciuto da troppi, ci invita il Battista stesso: “ecco l'Agnello di Dio” (Gv. 1,29).

All'attesa in spirito di fede ci esorta il Profeta Isaia: "Dite agli sfiduciati di cuore: siate forti, non abbiate timore, ecco il vostro Dio è vicino, egli sta per venire a salvarvi" (Is. 35,4). La vera fede deve suscitare in noi, in questo periodo un più intenso spirito di preghiera.

Il VIENI che così spesso ricorre nella liturgia, sia la nostra invocazione umile e fiduciosa di tutti i giorni: "Fa' che vediamo o Dio il tuo amore, concedi a noi la tua salvezza". La preghiera più idonea per prepararci al Natale è la partecipazione all'Eucaristia, è la comunione al sacrificio eucaristico che ci rinnova, ci purifica... L'unico Figlio di Dio che sta per nascere si fa nostro cibo e bevanda...

 

5. DEPONIAMO LE OPERE DELLE TENEBRE

L'Avvento, richiamandoci il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio che ci ha salvati, ci ammonisce a non lasciarci abbagliare o sopraffare dalle attrattive dei sensi, dalle cose terrene.

"Deponiamo le opere delle tenebre e rivestiamo le armi della luce, comportiamoci con dignità: non in bagordi e ubriachezze, non in lussurie e dissolutezze, non in contesa o gelosia, bensì rivestitevi del Signore nostro Gesù Cristo" (Rom. 13,12-14). Sono i peccati, se non li riconosciamo umilmente e non ce ne pentiamo, che ci impediscono di ricevere la salvezza. Il pentimento sincero, una buona confessione,ci preparerà all'incontro con Gesù nel Natale

 

6. SIATE SEMPRE LIETI NEL SIGNORE

Nella tradizione cristiana, la festa del Natale porta con sé un senso di gioia. Richiamiamoci alla gioia!: non siamo soli nella vita, il Signore è vicino. Dio ci guarda con amore: “non vi angustiate di nulla, ma in ogni cosa, mediante la preghiera, le vostre domande siano rese note a Dio" (Filippesi 4,6). Se gusteremo in questi giorni un po’ di riposo, se avremo momenti di dialogo e di convivialità semplice e gioiosa, se sapremo sostare un po’ in silenzio e in preghiera, potremo ricavarne un gran bene. Sarà un’occasione per ricollocare più in profondità e per rilanciare con maggiore coerenza a partire da noi la voglia di generare relazioni nuove, per non abbandonare né il sogno né l’impegno per un mondo diverso. Ma è fondamentale che ci ricordiamo che sarà un buon Natale davvero se lotteremo ogni giorno non solo per noi, ma per tutte le persone oppresse, violentate, messe ai margini, non tutelate nei loro diritti, per gli stranieri, i lavoratori a rischio nei cantieridi lavoro.

 

7. LA PACE DI DIO ABITI I VOSTRI CUORI

E' l'augurio di Paolo, è la profezia di Isaia: "Forgeranno le spade in vomeri, le lance in falci, un popolo non alzerà la spada contro un altro popolo, non impareranno più l'arte della guerra" (Is. 2,4). Preparandoci ad accogliere nel Natale il messaggio di pace agli uomini di buona volontà, dobbiamo impegnarci a  camminare nella luce del Signore, credendo alle sue parole, prendendo il Vangelo come norma della nostra vita. L'attesa del giudizio di Dio, il solo che veramente conta, ci darà serenità e pace di fronte alle incomprensioni degli uomini. La fede viva ci farà ripetere con Paolo: "Quanto a me poco importa di essere giudicato da voi e dal giudizio degli uomini, anzi, neppure da me stesso mi giudico. In realtà non sono consapevole di nessuna colpa, ma non per questo sono giustificato. Chi mi giudica è il Signore." (1Cor. 4,3-4).

La "giornata della pace", che siamo invitati a celebrare il primo giorno dell'anno, non sarà una vana cerimonia solo se ci sforzeremo de seguire la parola di Dio e se ci impegneremo con senso di responsabilità verso i fratelli a diffondere con nostra testimonianza la gioia del Natale.

 

8. LA BUONA NOVELLA E' ANNUNCIATA AI POVERI.

Rispondendo ai discepoli di Giovanni Battista, Gesù afferma di essere il Messia predetto e aspettato, e dà come prova l'adempimento della profezia di Isaia: "i ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risuscitano, la buona novella è annunciata ai poveri" (Mt. 11,5-6). Il mistero del Natale è mistero d'AMORE. Il Figlio di Dio è venuto ad aiutare i sofferenti e i poveri. Alla sua venuta dobbiamo prepararci approfondendo il senso di rispetto, di amore, di solidarietà verso tutti, ma specialmente verso i fratelli più poveri. «Siamo tutti servi del medesimo Signore, viviamo nella stessa casa, la Chiesa, sarebbe intollerabile che uno si pavoneggiasse in vestiti e regali e l'altro languisse nella miseria, che uno si rimpinzasse di cibo e l'altro morisse di fame». E' la carità generosa verso i poveri che ci ottiene il perdono dei peccati. Ma attenzione il Concilio ci ricorda che: "siano adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che chi offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia" . Il Natale è occasione propizia per un esame di coscienza, sempre necessario, sul modo con cui si concepiscono e si attuano i doveri di giustizia verso il prossimo.

 

A Natale può sorgere la domanda:

“io nella  mia vita sto facendo nascere e crescere il messaggio di Gesù?

La mia vita di fede si concentra nel seguire le orme del nazareno? Cerco, come lui, di mettere al centro la fiducia in Dio e l’impegno per la giustizia? Divento consapevole che credere in Dio significa, anche per me, come per Gesù, uscire dal mio individualismo?”

Natale può diventare occasione di una seria verifica.

 

 

SANDRINO, ANNI 8. NATALE 1950

Quando ero in terza elementare la mia maestra ci fece scrivere una lettera a Gesù per ricevere da lui un regalo a Natale (e poi la diede di nascosto ai nostri genitori). Io e il mio compagno di banco scrivemmo di avere come regalo un camioncino fantastico che avevamo visto in un negozio. Durante il mese di dicembre il mio compagno, figlio di un imprenditore, si comportò molto duramente in classe e la maestra gli disse che se faceva così Gesù non gli portava il regalo che aveva chiesto. Io invece cercai di comportarmi bene per ricevere il regalo.

Quando arrivò la notte di Natale io al mattino mi alzai, andai in cucina e, invece del camioncino che avevo chiesto, trovai un cavallo a dondolo. Salii sul cavallo a dondolo, cominciai a dondolarmi agganciandomi alle sue orecchie. Mi resi conto che una era rotta.

Mi venne in mente che qualche settimana prima io ero andato da quel mio compagno e salito sul suo cavallo a dondolo gli strappai un' orecchia. Mi resi conto che quello era il cavallo a dondolo rotto che il mio amico aveva buttato via in pattumiera.

Andai allora subito a trovare il mio compagno. Arrivato in casa sua vidi che a lui Gesù aveva portato il camioncino. Tornai a casa mia, andai al presepio e presi in mano la statuetta del Gesù bambino e, gridando, dissi :

“Perché non lo hai portato anche a me che sono stato più buono a scuola?” E l'ho buttata per terra. La mia mamma mi prese in braccio. Mi portò nella stanza da letto, nascosto dalle mie sorelline, e, piangendo, mi disse: “Sandrino ti confesso che i regali di Natale non li porta Gesù ma dobbiamo comprarli noi. E tu sai che noi non abbiamo soldi. Allora il tuo papà è andato a raccogliere quel cavallo a dondolo, lo ha pitturato e te lo regala a te”.

Allora io, piangendo anch’io, gli dissi : “Mamma perché non me lo avete detto prima. Voi sapete che io non avrei mai chiesto a voi di spendere soldi per farmi un regalo. E a Gesù avrei chiesto qualcosa d'altro, non un regalo”. Andai a raccogliere la statuina di Gesù bambino e la rimisi nel presepio. E cominciai a pensare fin dall'ora che quelli che nella loro vita hanno molte cose belle non le hanno perché amati da Gesù che gliele regala, ma solo perché sono ricchi.

E ho sentito invece Gesù vicino a me e agli altri poveri del mondo.

 

Gesù, in questa notte di Natale in cui celebriamo la tua nascita dona alla nostra famiglia la gioia di ritrovarsi unita, la fede che rischiara il cammino, la forza di amarsi ogni giorno di più.

Tu sei il nostro Salvatore, il nostro Signore per i secoli dei secoli.

Amen

 

 

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